di Lucia Vitale


Nelle nostre terre, il matrimonio, nei primi decenni del novecento, prevedeva un rituale lungo e costellato di fasi rigorosamente rispettate, soprattutto dalla persone più semplici.

a) ammasciasta

b) fidanzamento

c) corredo

d) a dda’ ‘a parole

e) ’a culata

f) ’a cunsegna

g) ’a chiesa

h) ’u banchetto

i) ’a primma asciuta

Una volta i ragazzi si incontravano, a messa, al lavoro nei campi, presso i pozzi ad attingere acqua e, molto più tardi,  nelle piccole rivendite dove tutti si ritrovavano per assistere ad uno spettacolo. Fino agli inizi degli anni sessanta il controllo dei genitori era costante soprattutto per le ragazze, per cui solo al buio di una proiezione era possibile scambiarsi qualche timida effusione ed eterne promesse d’amore. Era,poi, un parente, un amico rispettabile del ragazzo a portare ”l’ambasciata” e far incontrare i genitori dei ragazzi.

In alcuni paesi dei dintorni era anche “la capera” a svolgere il compito di
mediatrice. La capera era la moderna parrucchiera che girava in tutte le case ed era in grado di fornire notizie precise sulle famiglie e sulla reale consistenza dei patrimoni e, quindi, della dote.

Erano i genitori della donna a dover “fermare” sulla carta la dote e il contratto che veniva firmato da entrambi i genitori.

Alcuni ricordano ancora di matrimoni saltati per contratti-dote non rispettati. Bastava, a volte, un copriletto, una spilla promessi e non trovati, a scatenare contrasti vivaci tra le future suocere.

Spesso tra il fidanzamento e il matrimonio intercorreva il servizio militare che testimoniava anche l’integrità fisica del maschio.

Una volta fissata la data delle nozze erano fatte le pubblicazioni che, prima della riforma liturgica, erano annunciate dal sacerdote: chi ha qualcosa da dire, lo faccia subito, altrimenti dovrà tacere per sempre.

 Le pubblicazioni duravano tre giorni festivi.  Alla seconda pubblicazione si avvertivano parenti ed amici per spronarli ad acquistare abiti adeguati alla cerimonia. Gli sposi si premuravano di porgere gli inviti  a mano ed offrire confetti.
Da quel momento i giovani promessi assumevano i propri suoceri come padre e madre ed,quindi, erano considerati come figli. Nella seconda domenica delle pubblicazioni lo sposo, per primo, accompagnato dalla sorella, si recava a casa della sposa salutando i suoceri con la seguente formula: Buongiorno tatillo, buongiorno mamella. Era, poi, la sposa a ripetere la formula ai nuovi genitori con i quali, spesso, andava a convivere.

La cerimonia in chiesa avveniva, per lo più, di domenica. L’abito della sposa era rigorosamente bianco, simbolo della purezza. Era ornato sul petto, sulle maniche e sul bordo inferiore della gonna con lustrini e perline.

La sposa era sempre aiutata,nella vestizione, da sorelle, cugine ed amiche che, con battutine, le davano gli ultimi consigli per apparire più desiderabile allo sposo.

Gli invitati erano in attesa nei cortili consumando pasticcini fatti in casa e sorseggiando bevande rinfrescate nei pozzi. All’arrivo dello sposo si formava il corteo per raggiungere la chiesa.

La prima coppia era formata dalla sposa accompagnata dal padre, quindi seguiva lo sposo con i compari e tutti gli altri partecipati. In chiesa la sposa e lo sposo occupavano le sedie per loro preparate: lui alla destra, lei alla sinistra.
Alla fine della cerimonia tante le lacrime di commozione, soprattutto delle mamme.

Per il banchetto, spesso nel cortile della casa dello sposo, soprattutto, le persone meno abbienti, prendevano in prestito panche e sedie da vicini e parenti. La preparazione delle pietanze iniziava dai giorni precedenti ed era curata dalle donne della casa che mettevano in funzione forni per il pane, per torte e biscotti. Dove le finanze erano limitate non si ricorreva neanche al macellaio ma ci si accontentava dei prodotti della casa: carne di pollo, di maiale, un po’ di vitello e prodotti della terra. Immancabili gli otri di vino rosso che fa… buon sangue.

Il pranzo tipico era costituito da  antipasto a base di prosciutto, formaggio, alici,  ulive e tanti fichi che servivano a riempire lo stomaco dei più voraci. Il primo piatto era rigorosamente preparato con gli ziti al ragù in onore della zita(sposa) seguito dal ragù con piselli e pollo con patate. 

C’era spesso il suono di una fisarmonica ad allietare  il banchetto che si
prolungava fino a tarda sera tra canti,balli e abbondanti bevute.

Spesso, durante la notte gli amici dello sposo si divertivano a fare scherzi agli sposi a ad improvvisare stornelli e serenate per disturbare la loro intimità.

Fino agli anni sessanta la madre della sposa non partecipava al banchetto” per la vergogna” di aver affidato la figlia… ad un uomo. Attendeva in casa che le portassero il cesto con le pietanze. Quando ciò non accadeva si lamentava, a lungo, per essere stata trascurata e per aver allevato una figlia degenere.

Era anche in uso che il giorno dopo la mamma dello sposo andasse a salutare i ragazzi per accertarsi  del buon esito del matrimonio.

Non erano ammesse le ragazze dette ancora ”giovani.” La positiva conferma era spesso comunicata con soddisfazione al resto della famiglia e, soprattutto, alla mamma della sposa che, finalmente, emetteva un sospiro di sollievo.

Il primo giovedì dopo le nozze i giovani coniugi andavano alla casa paterna della donna per il pranzo e la domenica successiva ,accompagnati dai compari, andavano a messa insieme. Era questa” l’uscita a messa” ed era l’uscita ufficiale in pubblico.

Una curiosità

Qualcuno ricorda un episodio  inconsueto accaduto negli anni sessanta.

Lo sposo attendeva davanti alla chiesa del Casale l’arrivo della” zita ”che, all’ultimo momento, cambiò idea e non si presentò. Ci fu un momento di grande imbarazzo, un mormorio sussurrato ma insistente cominciò a serpeggiare tra gli invitati… ma il mancato sposo incassò coraggiosamente il colpo e, con sorprendente ironia, invitò i suoi a festeggiare lo scampato pericolo al ristorante.

Non si è mai saputo il motivo del ripensamento della mancata sposa.


il corredo di Luciella Zeppa

testo di Lucia Vitale


1 commento

GDF · 17/04/2019 alle 8:50

Un istruttivo tuffo nel passato, tra rituali, credenze popolari e stille di saggezza. Molto divertente l’approccio dispiaciuto della mamma della sposa…. grazie davvero per queste interessanti ricostruzioni!

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