di Lidia Di Lorenzo

Il ruolo della donna e la sua evoluzione.

Una preziosa foto degli anni 30, che ritrae la chiesa di S. Tommaso al Casale oggi sconsacrata, mostra gruppi di donne che escono al termine della funzione religiosa.  Sono le nostre antenate dell’inizio secolo, forse giovani donne o donne mature, con il costume dell’epoca, sicuramente rimasto intatto nel corso dei secoli. Gonna scura, ampia, lunga fino a piedi, camicia bianca arricciata in vita, chioma coperta da un fazzoletto scuro annodato sulla nuca, con gli angoli ritorti, unica civetteria, appoggiati sulle spalle, zoccoli di legno ai piedi appena individuabili. Stesso abito, destini comuni. Al ritorno a casa troveranno genitori dei propri mariti allettati in maniera perenne anche in giovane età, autoritari ed esigenti, di cui sono obbedienti suddite, casa fredda e piena di fumo del camino spesso senza cappa, nel quale bolle, poggiata su un treppiede, una ampia caldaia ricoperta all’esterno da uno strato spesso di fuliggine nera. Servirà per la preparazione del pasto di mezzogiorno. In un angolo la madia incrostata da residui di pane nero dell’ultima panificazione e nell’altro uno steccato dal quale si affacciano una mucca o un asino, compagni di lavoro e membri della famiglia numerosa. Cinque, sei o più figli nati nel corso di pochi anni. Sottana di fustagno sulle gambe scoperte, livide per il freddo alle femmine, brache ai maschietti, aperte sul davanti a mostrare piccoli membri penzolanti. Due rivoli di muco cadono perennemente dal naso alle une e agli altri, e si sparge sul loro volto al tentativo fatto col dorso della mano di detergerlo. Nella culla di legno che pende dal soffitto un neonato con evidenti croste di sudicio sul viso, coperto da vari strati di informi panni. I mariti sono militari o nei campi, piegati in due sotto il peso della miseria e della fatica. Alle donne è affidata la gestione del carico familiare, strette tra anziani da riverire e figli da allevare, ma si potranno giovare dell’aiuto delle figlie femmine, anche fanciulle, che accudiranno i fratelli più piccoli, li puliranno e fasceranno, quando, appena pochi giorni dopo il parto, ancora sanguinanti, esse dovranno aggiungere al lavoro domestico quello di campi. I loro mariti sono alieni da ogni aiuto domestico. Di domenica si recheranno alla Cantina, luogo impedito alle donne evidentemente per il turpiloquio che vi regna, dove giocheranno a briscola, scopa e tressette, al padrone e al sotto, e vinceranno, se saranno fortunati, bicchieri di vino. Torneranno a casa maleodoranti di alcool e di cattivo tabacco e pretenderanno cena puntuale e disponibilità, a volte negata nel timore di nuove gravidanze. Le donne acquisteranno potere allorché si sposeranno i loro figli maschi e potranno tiranneggiare le giovani spose, per un senso di rivalsa per quanto hanno subito.

In una foto che ritrae la colonia fluviale degli anni 50, vediamo file ordinate di bimbi, maschi e femmine, grembiuli bianchi, capelli e volto puliti e ordinati, marciare sulla spiaggia del Volturno. La guerra è finita, si rinasce. Si individuano tra le giovani donne del posto quelle che sanno leggere e scrivere e per merito dei parroci diventano improvvisate maestre. I bimbi, divisi per fasce di età, vengono radunati e portati sulla riva del fiume, spiagge ampie e acque limpide, per un bagno ristoratore e portatore di sana igiene, allora ancora sconosciuta, mancando acqua potabile nelle case. Intonano canti didattici, fanno esercizi ginnici, imparano a socializzare, comunicando in lingua italiana e mangiando alla mensa disciplinatamente tutti insieme.  

Quella esperienza sarà stimolo alla prosecuzione degli studi per molti maschi, che andranno in seminario dopo le scuole elementari, ormai istituite nel paese. Alle donne sarà ancora impedito di studiare, in quanto andare fuori paese è considerato molto pericoloso per la loro condotta morale. Le ragazze chiacchierate, che “non sono cresciute sotto le gonne delle mamme” nessuno oserà sposarle, grande danno per tutta la famiglia e vergogna per lei. Dovranno aspettare l’istituzione della scuola media unica per poter proseguire gli studi, dopo la scuola elementare, e certamente solo una minima parte di esse, conseguirà la licenza media.  Sarà spesso a cura degli insegnanti della istituita scuola media di recarsi a casa delle alunne non più frequentanti, per pregare i genitori di mandarle a sostenere gli esami di licenza. La discriminazione è ancora forte fino all’inizio degli anni 70. Alle donne, impegnate nei lavori domestici e destinate ai lavori domestici, non serve l’istruzione. Basta un buon marito, che sceglierà certamente tra le “brave ragazze”, timorate di Dio. Andare a scuola a Caserta, prendere il pullman, viaggiare insieme ai giovani studenti che cominciano allora ad aumentare, non depone bene per una donna. Quante ragazze furono allora vittime dei pregiudizi dei genitori e non potettero più riparare l’errore da essi commesso. Intanto le “cattive ragazze” che prendevano il pullman conseguivano il diploma, per lo più di maestra, e, vinto il concorso, acquistavano prestigio, si emancipavano dalla loro condizione di casalinghe e contadine e piacevano sempre più come professioniste e donne.

Ancora una foto. Questa volta riporta giovani donne ai telai in un ampio salone, intente a confezionare maglie, sotto la vigile assistenza di una istruttrice venuta da fuori. È una prima forma di opificio specifico per le giovinette, che ora nell’ambito dello stesso paese eseguono un lavoro retribuito. Parallelamente altre vengono impiegate nella Baby Sud, e realizzano quanto serve per far fronte al grande numero di nascite di quegli anni. Da allora, e fino alla fine degli anni 80, è tutto un fiorire di piccole e medie industrie. Il lavoro abbonda, e molte fanciulle si impiegano come operaie, fianco a fianco con gli uomini, nei cablaggi auto, nelle seterie, lavorano nei bar, nella ristorazione. Finalmente si comprende il valore degli studi e del lavoro della donna, ed è tutta una corsa al diploma e anche alla laurea. Diventano tutte cattive ragazze che escono di casa e guadagnano, ben vestite, padrone della loro vita, non succube di nessuno e raggiungono anche alti livelli professionali. Allora anche i maschi cominciano ad apprezzare, a rispettare, e sposare le cattive ragazze.

autore: Lidia Di Lorenzo



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